Recensione film Everything Everywhere All at Once di Daniel Kwan e Daniel Scheinert

Ad aver fatto incetta di premi agli Oscar 2023 è stato il film Everything Everywhere All at Once di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, un film che racchiude numerosi generi e parla in modo originale, drammatico e allo stesso tempo divertente del multiverso.

Il film si suddivide in tre parti: Everything, Everywhere e All at once.
Nella prima parte viene presentata la difficile situazione familiare della protagonista, Evelyn Kuan Wang. Evelyn è una donna risoluta che al momento deve affrontare numerosi problemi: la lavanderia a gettoni che ha con il marito è controllata dall’agenzia di riscossione dei tributi, Waymond sta per presentare le carte di divorzio, la figlia Joy detesta la madre in quanto non riesce mai ad accettare lei e ora anche la fidanzata e, come se non bastasse, è da poco arrivato il padre Gong Gong da Hong Kong. Questo periodo caotico ha il suo culmine quando, mentre lei, il padre e il marito sono all’agenzia di riscossione dei tributi o IRS, Alpha Waymond, una versione alternativa del marito, prende possesso del corpo di quest’ultimo e le dice che lei e tutte le possibili realtà sono in grave pericolo a causa di una minaccia creata dalla sua versione alpha, ormai morta dopo aver permesso di viaggiare nelle varie dimensioni e nel tempo: Jobu Tupaki. Quest’ultima, portatrice di caos, è una delle versioni di sua figlia e, avendo visto tutti i possibili universi, decide di distruggerli tutti riunendoli in un “grande bagel”, una sorta di buco nero pari a quello che la ragazza ha al suo interno dato che, in tutti, non si è mai sentita amata.
Così, nelle due parti successive, Evelyn dovrà affrontare Jobu Tupaki, alcuni nemici delle realtà alternative e, in senso figurato, anche la vecchia se stessa, capendo che, per poter porre fine a tutto, lei deve cambiare e capire qual è il vero senso di tutte le sue numerose vite.

Ultimamente si parla sempre più di multiversi, soprattutto dopo il boom Marvel che ha toccato il suo apice momentaneamente con la serie Loki. Qui pure viene presentato un possibile multiverso, ma l’interazione con le varie dimensioni stavolta non è nè catastrofica nè solo comica, bensì un mix ben calibrato tra commedia e drammaticità tra gag e momenti divertenti e altri altamente profondi in cui il film offre spunti di riflessione non solo sulla stessa storia, ma anche sulla vita di per sè. Dietro quel mix di assurdo e ipoteticamente assurdo e vero allo stesso tempo, si celano alcune delle domande filosofiche più frequenti sul senso della vita, perfettamente impersonate da Jobu Tupaki, che ha visto letteralmente tutto, è in grado di manipolare la realtà eppure, in tutto il multiverso, si sente sola e incompresa. Jobu Tupaki non pensa che ci sia un senso, un motivo per cui si debba effettivamente vivere e, inconsciamente, persino Evelyn non sa quale sia il senso della sua vita, dato che lei “sopravvive” dall’oggi al domani senza mai porsi domande in quanto la sua vita è già altamente caotica. Entrambe, nel caos più totale, capiranno grazie a Waymond qualcosa di più sulla vita e su loro stesse, comprendendo che spesso si cercano significati più elevati del dovuto e che nella realtà anche qualcosa di apparentemente scontato e banale potrebbe essere la ragione di vita per molti.

La trama, nonostante sia inizialmente caotica, viene perfettamente equilibrata e accordata e, alla fine, tutti i pezzi ritornano al loro posto, dandoci un quadro completo e esaustivo della situazione. Il mix di generi è perfetto, i dialoghi sono interessanti e non banali e i personaggi sono caratterizzati veramente bene.
Quelli sviluppati meglio sono senza alcun dubbio Evelyn, Waymond e Joy/Jobu Tupaki, i protagonisti assoluti inizialmente disfunzionali ma poi più maturi. Evelyn ad esempio parte dall’essere una persona che ha fatto tutte le possibili scelte peggiori della sua vita e che sopravvive e basta al comprendere quanto dia per scontate certe cose e che, in fondo, ci potrebbe essere veramente di peggio nonostante non si sia realizzata come avrebbe voluto. Solo dopo la maturazione di Evelyn anche Joy/Jobu può realizzarsi e capire che il senso deve darlo lei alla sua vita, mentre Waymond, colui che soffre in silenzio, sa già in cosa consiste, ma l’eccessiva distanza che si è creata tra lui e la sua famiglia gli impedisce di attuarlo.

L’intero cast è stato fenomenale, ma un applauso va fatto soprattutto a Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, ritornato in pompa magna sullo schermo dopo tanti anni, e Jamie Lee Curtis. Michelle Yeoh in particolare è stata la protagonista assoluta in quanto è riuscita a interpretare molto bene numerose versioni del suo personaggio, motivo per cui è senza alcun dubbio la punta di diamante del cast.

Everything Everywhere All at Once non è solo un semplice film sul multiverso, ma un’opera che offre spunti di riflessione sulla vita e sul suo senso riuscendo allo stesso tempo a intrattenere e a spaziare molto bene tra vari generi.

CONTENUTO:5
PIACEVOLEZZA:5
SCORREVOLEZZA:4.5
RECITAZIONE:4.5
ORIGINALITA’:5
VOTO MEDIO:4.8
-Jade

FILM DA OSCAR:
Agli Oscar 2023 il film ha vinto i premi per Miglior attrice protagonista (Michelle Yeoh), Miglior film, Miglior attore non protagonista (Ke Huy Quan), Miglior attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis), Miglior regista, Miglior sceneggiatura originale e Miglior montaggio ed è stato candidato per Miglior attrice non protagonista (Stephanie Hsu), Migliori costumi, Migliore colonna sonora e Miglior canzone.

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