Recensione Camera con vista di James Ivory

Il regista James Ivory, nel corso della sua carriera, si è dimostrato un “fan” delle opere dello scrittore E. M. Forster, di cui ha adattato Maurice, Casa Howard e Camera con vista. Quest’ultima è stata la prima trasposizione del regista, il quale, come lo scrittore, vuole riportare sullo schermo il tema dell’ipocrisia della società e quello dell’apparenza forzata.

Nel 1907 Lucy Honeychurch e la cugina più grande Charlotte Bartlett fanno un viaggio a Firenze, ma scoprono che la stanza loro assegnata non è quella con la vista sull’Arno. Il signor Emerson e il figlio George propongono di fare uno scambio e, grazie anche all’intervento del reverendo Beebe, inizia un rapporto di rispetto e amicizia tra le due coppie di turisti inglesi. Nel corso della vacanza tra Lucy e George nasce del tenero, ma, a causa dei diversi modi di pensare e stili di vita, Lucy fa finta che non sia mai avvenuto nulla tra di loro e chiede alla cugina di non parlare con nessuno del loro bacio. Tornata in patria si fidanza con Cecil Vyse, un londinese snob che disprezza qualsiasi cosa non sia conforme al suo modo di pensare e che usa Lucy solo per facciata sociale. Con grande sorpresa gli Emerson si trasferiscono in un cottage vicino e, nonostante Lucy provi a nascondere i suoi reali sentimenti per George, alla fine questi verranno a galla.

La trama del film di per sé è semplice e scontata, a momenti estremamente prevedibile a differenza di Casa Howard. La storia d’amore però è più solida e meno tormentata e funziona maggiormente anche se sempre non è l’elemento principale del film, il quale punta tutto sulla critica volta alla società. Tale critica, tra l’altro, è meno aspra rispetto a quella fatta in Casa Howard, che già dai toni diretti e “pesanti” preannuncia un finale non proprio lieto e una critica più dura e realista.
Camera con vista è un po’ la sua versione “romanzata”, più leggera e ariosa, un film che dà una morale senza che essa sia troppo pesante o che il film di per sé lo sia.
Ma bando alle ciance, quale sarebbe tale morale?

Sia lo scrittore che il regista criticano la cosiddetta “società dell’apparenza” secondo cui le persone sono incastrate in dei ruoli e dovrebbero disprezzare tutto ciò che non è “consono” e fuori dagli schemi. Lucy all’inizio è una ragazza borghese a modo, inquadrata e ingessata che man mano si lascia trasportare dalla vita più libera di George, il quale invece non bada ai giudizi della gente e fa ciò che gli passa per la mente. Simbolica ad esempio la scena in cui lui, Freddy e il reverendo fanno il bagno nudi in quanto rivela la “messa a nudo”, sia letterale che figurata, dei personaggi, i quali si “spogliano” delle pesanti maschere che portano ogni giorno e, liberamente, sguazzano e giocano nell’acqua come se il resto del mondo non esistesse. Quello che per il reverendo e Freddy è uno svago occasionale è però lo stile di vita di George, che non si cura mai di ciò che pensa la gente e, privo di filtri, fa sempre ciò che vuole.
All’inizio Lucy non riesce ad abbandonare la sua maschera, il suo comportamento da donna modello che punta solo ad essere rispettabile per il resto della gente, ma dopo un po’, quando capisce che la vita che vorrebbe realmente non è quella che sta conducendo, si libera e sceglie di seguire i suoi sentimenti e non le regole sociali.
Al contrario Cecil è un personaggio statico, fermo delle sue convinzioni, che rappresenta in tutto e per tutto l’ipocrisia della società e quanto la finta perfezione possa essere tossica.

Il film dunque si fa forte di due cose vista la semplicità della trama: la morale e il cast. Al suo interno troviamo grandi nomi come Maggie Smith, sempre impeccabile, Helena Bonham Carter, che non si riesce a calare benissimo nel suo personaggio anche se è stata discreta, e Daniel Day-Lewis, che come al solito è stato perfetto nel ruolo assegnatogli. Gli altri attori sono stati discreti ma non eccezionali, anche se hanno sollevato parecchio la levatura del film.

Nel complesso Camera con vista è un film piacevole ma un po’ troppo ingessato e prevedibile, decisamente più leggero di Casa Howard sia in quanto a trama che in quanto a morale anche se entrambi soffrono di un’estrema “formalità” (Camera con vista un po’ meno) che va in contrasto con la stessa morale del film.

CONTENUTO:3.5
PIACEVOLEZZA:3
SCORREVOLEZZA:3
RECITAZIONE:3.5
ORIGINALITA’:3
VOTO MEDIO:3.2
-Jade

FILM DA OSCAR:
Agli Oscar 1987 il film ha vinto i premi Miglior sceneggiatura non originale, Migliore scenografia e Migliori costumi ed è stato nominato per Miglior film, Migliore regia (James Ivory), Miglior attore non protagonista (Denholm Elliott), Miglior attrice non protagonista (Maggie Smith) e Migliore fotografia.

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