Recensione Assassin’s Creed: Origins

La saga di Assassin’s Creed ha avvicinato molti ai videogiochi e ha fatto appassionare un po’ tutti, soprattutto con i capitoli legati a Ezio Auditore. Se dopo Revelations (ma facciamo anche Brotherhood) la saga ha perso un po’ del suo fascino, dopo Black Flag ha perso pure l’interesse di gran parte dei fan, stanchi dei numerosi difetti e del fatto che ormai fosse diventato troppo “commerciale”.
Con Assassin’s Creed: Origins, però, la saga è stata “svecchiata” e con un prequel ad hoc, stavolta dalle tinte rpg, gli sviluppatori sono riusciti a riavvicinare molti dei fan restii a riprendere la saga, sottoscritta compresa.

Nel presente la protagonista è Layla Hassan, una donna che ha realizzato una versione dell’Animus che permette anche a chi non ha lo stesso corredo genetico del soggetto di rivivere i suoi ricordi, tutto andando contro Sophia Rikkin. Layla si reca in Egitto, dove cerca un vecchio artefatto e rivive i ricordi di due importanti assassini: Bayek di Siwa e Aya.
Bayek di Siwa (colui che si impersona per quasi tutto il gioco) è sposato felicemente con Aya e protegge assieme a lei Siwa poichè sono tra gli ultimi medjay rimasti in vita. Nel 49 d.C. la loro vita cambia quando degli uomini mascherati rapiscono Bayek e il figlio, Khemu, e cercano di costringere il medjay ad aprire una cripta. Quando Bayek si rifiuta segue una lotta che porta alla tremenda morte del figlio di lui, Khemu, cosa che instilla in lui e la moglie un forte senso di rabbia che si tradurrà nella voglia di vendetta.
Bayek e Aya, la quale è anche invischiata in alcuni intrecci politici riguardanti Tolomeo e Cleopatra, indagano così sulle identità degli uomini misteriosi che hanno portato alla morte del figlio, scoprendo che fanno parte di un’antica organizzazione chiamata L’ordine degli antichi. I due rintracciano e fanno fuori i membri dell’ordine e cercano di risalire ai vertici, solo che non sanno che hanno scoperchiato un vaso di Pandora e che dietro l’Ordine ci sono più teste di quanto credessero. Tra intrecci politici e assassinii, Bayek ed Aya riusciranno dopo tanto tempo a vendicare la morte del figlio, capendo durante il percorso quale sia il loro vero scopo nella vita: proteggere il prossimo.

Visti i capitoli precedenti tutti sono partiti un po’ prevenuti con questo nuovo titolo, il quale addirittura secondo le premesse avrebbe dovuto rilanciare la saga. Per fortuna le aspettative sono state abbondantemente soddisfatte (anche se non del tutto) e gli sviluppatori hanno regalato nuovamente una storia degna di nota e in grado di spiegare l’origine dell’ordine degli assassini, anche se qui ancora in uno stadio primitivo.
La storia principale si rivela molto interessante e, anche se prevedibili, piena di colpi di scena. A rendere speciale la storia principale è il rapporto che c’è tra Bayek ed Aya, i quali si ritrovano complici non solo sul piano lavorativo, ma anche sentimentale, regalando verso la fine anche una scena parecchio struggente. I due sono i cosiddetti “star-crossed lovers” il cui destino impedisce loro di stare sempre assieme, ma che nonostante tutto e tutti continuano ad amarsi. L’amore che c’è tra i due traspare anche al videogiocatore ed è ciò che rende i protagonisti ancora più umani, in particolare Bayek. Bayek non è perfetto e non sempre fa le scelte più giuste. La perdita del figlio lo ha distrutto particolarmente e l’unica cosa che lo spinge ad andare avanti è la vendetta. Un po’ come Ellie di The Last of us II, Bayek cerca vendetta per il figlio ed è pronto a fare fuori chiunque pur di trovare il colpevole. A differenza della prima Bayek non ha un percorso che lo porta a pentirsi delle sue azioni, ma comunque matura alla fine del percorso traendo dalle sue azioni uno spunto positivo: proteggere le persone per impedire che ciò che è successo a lui e tutte le angherie subite dal popolo si ripetano. Sia lui che Aya, infatti, non solo sono la “coppia perfetta”, ma hanno lo stesso destino e, entrambi, sono in fondo motivati dallo stesso sentimento che provano l’uno per l’altra: l’amore.  È l’amore per il figlio perduto che li spinge alla vendetta ed è sempre l’amore, stavolta per l’umanità, che spinge loro a creare un ordine in grado di fermare chi perpetua soprusi verso i più deboli e non solo. Ciò rende il tutto poetico e conferisce alla storia del gioco quel qualcosa in più che in altri è venuto a mancare, quell’elemento che rende Assassin’s Creed tale e che spieghi le origini, come suggerito dallo stesso titolo, di tutto.
Certamente la storia non sarà poi tra le più originali, ma comunque riesce a interessare il giocatore dall’inizio alla fine.

La storia del presente è invece ancora eccessivamente banale, addirittura fin troppo, tanto che non si ha il tempo di affezionarsi a nessuno e si rivela anche parecchio senza senso. Non si capisce fino a fondo il motivo per cui si è lì e come è andata a finire veramente in quanto la storia finisce in aria. Praticamente una parte superflua e atta solo ad allungare il brodo.

Avendo questo gioco una forte impronta RPG, Origins è dotato di diverse missioni secondarie vere e proprie e non dei semplici “obiettivi” da missioni in miscellanea. Alcune missioni secondarie sono anche connesse tra di loro e potrete trovarle andando in giro per la mappa, sbloccandone anche di nuove avanzando con il livello. Alcune di queste missioni sono interessanti anche se molte sono parecchio ripetitive, soprattutto visto e considerato che sono davvero tante e, combinate alle cosiddette missioni miscellanea, costituiscono una grossa componente del gioco, persino più vasta della storia principale. Quest’ultima, infatti, è forse un filino breve e poteva essere leggermente più approfondita, magari unendo qualcuna delle missioni secondarie e rendendola effettivamente principale.
Svolgendo le numerose missioni vi ritroverete a svelare a poco a poco l’immensa mappa di gioco, la quale è piena di luoghi da esplorare e forti da espugnare. Esplorare la mappa da cima a fondo richiederà moltissimo tempo e molta pazienza, in quanto per completare tutti i luoghi ci vorrà una certa pazienza e una certa abilità, soprattutto per quanto riguarda i forti più grandi o gli elefanti da combattimento. Ad un certo punto forse tutto ciò diventa anche fin troppo ripetitivo, ma purtroppo questa è una pratica abbastanza comune negli Assassin’s Creed e almeno stavolta non ci sono collezionabili random da prendere in giro per il mondo. A parte le mappe del tesoro, infatti, non ci sono dei veri e propri collezionabili all’interno del gioco anche se già i luoghi di per sè si potrebbero contare come tali. Importante invece iniziare sin da subito a cacciare gli animali in quanto i materiali che ricaverete da essi saranno essenziali per potenziare il vostro equipaggiamento e proteggervi dai nemici più forti.

Essendo di stampo RPG il gioco prevede un sistema a livelli secondo cui ogni tot punti esperienza si va avanti con i livelli e si ottiene un punto abilità per ognuno di questi ultimi. Questi sono essenziali per potenziarvi dal punto di vista delle abilità e per sbloccare delle mosse speciali o delle caratteristiche utili ai fini dell’esplorazione e del combattimento.
L’equipaggiamento è facile da trovare e anche questo è contrassegnato da un livello specifico che vi conferirà più attacco o difesa. Ci sono due tipi di equipaggiamento: quello che si può trovare in giro o acquistare come armature e armi e quello fisso, cioè quello potenziabile con i materiali di cui vi ho parlato prima. Per sconfiggere i nemici più facilmente è necessario potenziare entrambi o, nel caso del primo, esplorare abbastanza in modo da trovare il prima possibili armi abbastanza forti.
Il sistema di spostamento da un posto all’altro senza viaggio rapido è invece abbastanza tedioso e legnoso vista la vastità della mappa. Il protagonista, infatti, non può correre più di tanto e i cavalli stessi sono abbastanza lenti e privi di caratteristiche particolari a parte la tendenza al suicidio. Le cavalcature e gli spostamenti sono dunque ancora da perfezionare.
La parte di Aya, tra l’altro, è molto più statica e a differenza di Bayek nel suo caso non si può modificare nulla, cosa che renderà l’ultimo combattimento un po’ ostico.

Il sistema di combattimento è nello stile classico degli Assassin’s Creed. Bayek/Aya può scegliere se adottare un approccio stealth, nella maggior parte dei casi consigliato, o se attaccare tutti in una volta, solo che stavolta, a differenza dei vecchi AC, l’intelligenza degli NPC è stata migliorata ed è più probabile schiattare se attaccate apertamente un gruppo di guardie.
L’approccio stealth prevede l’accovacciarsi, nascondersi e colpire alle spalle con l’uso della lama celata o stordendo le guardie mentre quello d’attacco prevede l’attacco frontale con armi. Non si dispone, ovviamente, di pistole, ma l’arco sarà un’arma immensamente utile anche per l’approccio stealth in quanto si potrà colpire a distanza qualsiasi nemico ignaro e farlo fuori con uno o due colpi non allertando così nessuno. L’arco sarà infatti il vostro migliore amico mentre l’arma principale la potrete scegliere in base al tipo di combattimento che preferite. C’è una vasta scelta tra spade, doppie spade, lance, asce, bastoni e così via, tutte armi differenti che potete usare in base alla modalità di attacco che prediligete e/o in cui siete più bravi. Non si possono scegliere le armi quando si impersona Aya o quando si entra nell’arena in quanto lì, purtroppo, sono predefinite, causando talvolta qualche problema a chi non è abituato ad un certo stile.

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I combattimenti di per sè sono abbastanza semplici anche se non mancano le sfide con determinati boss o in alcuni forti più affollati del solito. Un’enorme sfida è costituita dall’abbattimento degli elefanti da combattimento e un’altra dalla seconda arena, in cui è necessario avere dei livelli decisamente elevati. Per abbattere i phylakes inoltre vi consiglio di arrivare prima al livello 40 (qualcosa di più con i DLC) in modo tale da avere maggiore salute e poterli sconfiggere più facilmente.
La modalità di gioco/combattimento è dunque valida ma una critica va posta alle sezioni di combattimento con le navi che si fanno con Aya. Queste sono noiose e tediose e poco in linea con lo stile del gioco, rivelandosi più un omaggio a Black Flag che una parte utile alla fine dell’esperienza.

Non ci sono bug invalidanti anche se alcuni glitch ogni tanto sono presenti pur non essendo invadenti. La grafica nel suo complesso, inoltre, è buona ma non eccellente e il character design talvolta risulta un po’ anonimo. Il comparto musicale è pure poco variegato e si poteva fare di più, mentre invece è molto valido il doppiaggio italiano.

Per quanto riguarda il completamento al 100% (Platino/1000G) sarà non troppo difficile da ottenere anche se molto lungo e tedioso in quanto richiede il completamento di tutti i luoghi e alcune azioni specifiche che non sempre si fanno in maniera automatica. Ad esempio il trofeo con le frecce incendiarie può essere insidioso in quanto questo sistema è strutturato male in questo gioco e non è sempre semplice crearle. Complessi anche i trofei sulle arene e sugli elefanti nonostante si sia al massimo livello, ma niente di impossibile.

Nel complesso Assassin’s Creed Origins è riuscito a rilanciare bene una saga che ormai stava praticamente morendo e, anche se non è esente da difetti, può essere un ottimo trampolino di lancio per dei futuri capitoli più incentrati sulla storia e meno sulla necessità di uscire ogni anno. Si spera anche in un futuro rilancio della storia del presente, anche in questo capitolo fin troppo trascurata impedendo così di creare un quadro generale sulla storia degli assassini e dei templari più chiaro.

CONTENUTO:3.5
PIACEVOLEZZA:3.5
GRAFICA:3.5
MECCANICHE DI GIOCO:3.5
BONUS
DIFFICOLTÀ: Molto facile
SOUNDTRACK:2.5
DOPPIAGGIO:4
ORIGINALITÀ DEL CONTENUTO: 3
DIFFICOLTÀ PLATINO: Facile
VOTO MEDIO:3.5
N.B. La difficoltà viene indicata con i parametri Molto facile, Facile, Media, Difficile, Molto difficile, Impossibile (bonus).
N.B. 2 La difficoltà del gioco si riferisce a quella incontrata a “Normale”.
N.B. 3 Il contenuto comprende anche, se presenti, le missioni secondarie.
-Jade

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