Recensione Spider-Man: No way home di Jon Watts

In seguito a due film parecchio deludenti e molto adolescenziali la trilogia di Spider-Man si conclude con un sequel decisamente più maturo e più serio in cui si lascia meno spazio all’aspetto teen e finalmente ci si concentra sul potenziale del personaggio.

L’identità di Spider-Man è stata rivelata al mondo da Mysterio che per i media diventa la vittima e non il carnefice della situazione. Peter Parker e i suoi amici, MJ e Ned, vengono ricercati da tutti e proprio per questo Peter si sente in colpa, soprattutto quando tutti e tre vengono rifiutati all’università dei loro sogni. Per rimediare ai propri errori Peter chiede a Stephen Strange di lanciare un incantesimo per far dimenticare a tutti la propria identità solo che a causa della sua parlantina qualcosa va storto e da un momento all’altro iniziano a presentarsi degli uomini misteriosi che affermano di conoscere Spider-Man ma che non sia lui quello in questione. Peter Parker e Strange capiscono così che l’incantesimo è finito male e che ciò ha aperto i confini del Multiverso in quanto questi nemici appartengono ad altri universi in cui sono presenti altri Spider-Man. Dato che sono tutti morti negli universi originali Peter vuole porre rimedio alla situazione aiutandoli solo che uno di loro, Norman Osborn/Goblin, tradisce il ragazzo e porta Electro e l’Uomo Sabbia dalla sua parte. In aiuto di Peter vengono i suoi amici, l’ora redento Otto Octavius e i due Spider-Man degli altri universi, i quali aiuteranno Peter a sconfiggere le loro vecchie nemesi.

Spider-Man: No way home è figlio della fase 4 e ciò si nota sin dai primi istanti in quanto ha perso quella comicità esagerata presente nelle vecchie fasi. Un po’ come Eternals, Black Widow e le serie dell’MCU, questa fase è molto più matura e seria nonchè più vicina ai toni fumettistici, anche se naturalmente non è esente da difetti.

Questo nuovo Spider-Man calibra meglio i toni comici e quelli drammatici propendendo più per i secondi anche se non mancano le scene ironiche tra cui quelle che sembrano quasi uscite dal noto meme. Non mancano i momenti più scherzosi o adolescenziali e, di base, lo Spider-Man di questo universo è sempre caratterizzato pessimamente e non impara mai dai propri errori, anche se verso la fine si nota un segno di speranza per il suo personaggio.

L’introduzione al multiverso, avvenuta anche in Loki, è discreta ma manca sempre di qualcosa. Il personaggio di Strange è marginale e quasi inserito esclusivamente in scene “comiche” per cui ancora la cosa del multiverso viene presa sottogamba, anche se si capisce da subito la gravità della situazione. Il modo in cui però viene introdotta proprio all’inizio è banale e fin troppo bambinesco e mostra il culmine dell’immaturità di Peter Parker, il quale ha deciso di distruggere i confini del multiverso per puro egoismo. Anche la questione dei cattivi da “aggiustare” ha poco senso in quanto non sono delle macchine ma delle persone che presentano rancori personali verso Peter o sono semplicemente a modo loro “pazze” come nel caso di Goblin. Questo però pare quasi seguire la moda dei redemption arc di ogni antagonista di tutti i film, cosa che rende tutta la storia dietro molto melensa e inutile. Perchè i villain non possono rimanere villain? Senza contare che, una volta tornati nell’universo originale, non dovrebbero morire comunque?

Come al solito gran parte degli attori è stata sprecata anche se Tom Holland è migliorato notevolmente mentre Willem Dafoe ha interpretato magistralmente il ruolo di Norman Osborn/Goblin. Gli effetti speciali sono migliorati anche se non sono ancora perfetti, il che ricalca il tema ricorrente dell’intero film.

In poche parole gli sforzi ci sono e sono evidenti ma la sceneggiatura è sempre quello che è e ha reso fin troppo banale un tema importante quello del multiverso.

CONTENUTO:3.5
PIACEVOLEZZA:3.5
SCORREVOLEZZA:3.5
RECITAZIONE:3.5
ORIGINALITÀ DEL CONTENUTO:3.5
VOTO MEDIO:3.5
-Jade

FILM DA OSCAR:
Agli Oscar 2022 è stato candidato per i Migliori effetti speciali.

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