Recensione Shadow of the Tomb Raider

Shadow of the Tomb Raider è il terzo capitolo della trilogia reboot della famosa saga che vede come protagonista l’archeologa Lara Croft. Esso è il capitolo conclusivo (salvo future sorprese della Crystal Dynamics) della trilogia sulle origini di Lara, approfondite dal punto di vista dell’evoluzione caratteriale nel primo e da quello della storia nel secondo.

Ambientato poco tempo dopo Rise of the Tomb Raider, il sequel stavolta vede Lara alle prese con un’avventura dalla parte opposta del mondo. Accompagnata dal fedele Jonah, infatti, l’archeologa fa delle ricerche sulla Trinità che la portano in Messico e, successivamente, nell’America del Sud, dove si celerebbe una città segreta: Paititi. A quanto pare i legami tra l’organizzazione e la città misteriosa sono più forti del previsto e, proprio per questo, Lara dovrà aiutare gli abitanti del luogo e la regina Unuratu a sconfiggere una volta per tutte la Trinità e Dominguez, il capo assoluto.

Lara e Unuratu, quest’ultima uno dei migliori personaggi della saga fino a ora

La trama è più coinvolgente e meglio articolata rispetto al secondo, complice anche la migliore caratterizzazione dei personaggi e una maggiore interazione con essi. Sebbene non si arrivi ai livelli del primo capitolo della trilogia in cui vi era l’equilibrio perfetto di interazione tra Lara e gli altri, qui perlomeno i personaggi non fanno solo da sfondo ma, al contrario, sono parte integrante della storia. Essi sono più umani e realistici oltre che inseriti meglio anche nel contesto, con il quale a loro volta interagiscono in maniera normale, molti dei quali svolgendo delle semplici operazioni quotidiane.

Si nota anche come il contesto politico abbia inflitto profondamente sui cittadini, alcuni dei quali hanno deciso di avvicinarsi al culto del dio Kukulkan del quale fa parte Dominguez. La trama, però, non è esente da difetti, in primis legati alla prevedibilità del finale e alla brevità della storia.

Ad aumentare la longevità del gioco, però, ci sono numerose missioni secondarie, spesso anche complesse, e vari collezionabili. Tra i collezionabili troviamo le immancabili reliquie, i murali, i tesori, i documenti, le sfide (anche queste non sempre facili), i kit di sopravvivenza e i monoliti, i cui tesori sono parecchio difficili da trovare.

Ci sono però dei bug legati alle reliquie sia per quanto riguarda il completamento al 100% che per quanto riguarda l’analisi, bug tra l’altro ereditato dal secondo capitolo e, a quanto pare, mai corretto.

Oltre ai collezionabili classici vi sono anche molti altri elementi importanti per avanzare nella trama e migliorare il proprio equipaggiamento, ovvero i vari materiali per fabbricare le armi e sbloccarne di nuove e più potenti. Con l’avanzare del gioco si sbloccheranno delle armi nuove standard, man mano potenziabili nei vari accampamenti. I materiali, al solito, si potranno acquisire attraverso i cadaveri dei nemici, la caccia (qui migliorata), alcuni dei collezionabili e la raccolta di piante e altro nelle aree di gioco.

Le piante sono state aggiunte già nel secondo capitolo anche se qui sono diverse e ce ne sono di nuove come quelle percezione e stoicismo, decisamente inutili in realtà ai fini del gioco.

Ci sono poi alcuni oggetti, costumi con potenziamenti e armi acquistabili solo nei negozi, molto più forniti rispetto al secondo capitolo ma anche fin troppo cari!

Come nei precedenti Tomb Raider vi sono poi delle tombe della sfida e numerosi enigmi, stavolta persino più difficili da interpretare e più coinvolgenti. La difficoltà generale delle tombe, tra l’altro, è stata aumentata e ce ne sarà una che vi darà del filo da torcere.

La tomba più complessa

Come avrete notato vi è moltissima roba da raccogliere e/o collezionabile, solo che, stavolta, è davvero fin troppa! Le aree di gioco sono infatti spesso confusionarie oltre che persino più vaste di Rise of the Tomb Raider, rendendo l’esperienza più stancante e tediosa. Si tratta, tra l’altro, di collezionabili che puntano più al numero che alla qualità, dato che documenti e, se proprio dobbiamo, murali a parte, gli altri non approfondiscono in alcun modo la trama.

Altro elemento preso dai precedenti capitoli e modificato riguarda le abilità, suddivise in tre categorie come al solito, e acquisibili utilizzando attraverso dei punti abilità che si sbloccano con l’avanzare dell’esperienza. Più si interagisce col mondo in game attraverso caccia, raccolta, uccisioni e collezionabili, maggiore è l’esperienza ottenuta.

Attraverso alcune delle abilità si sviluppano delle nuove tipologie di uccisioni tra le quali quella attuabile dal ramo di un albero o quella che serve a piazzare delle esche nel cadavere di un nemico (simile a quella del veleno nel gioco precedente). Si è potenziato ulteriormente l’aspetto stealth attraverso questi tipi di uccisioni, l’uso di elementi diversivi e anche la mimetizzazione con fango e piante, anche se, alcune zone a parte, si può sempre scegliere tra un combattimento furtivo o caotico. Specifico questo in quanto nel gioco precedente puntare allo stealth conveniva maggiormente in quasi tutte le aree, mentre invece qui solo in alcune, permettendo una scelta maggiore al giocatore.

L’intelligenza dei nemici è migliorata ulteriormente anche se, graficamente parlando, sia gli NPC nemici che la maggior parte dei personaggi si somiglia parecchio o è addirittura uguale.

Sempre a proposito di grafica, quest’ultima è eccellente dal punto di vista delle ambientazioni ma, per quanto riguarda i personaggi, ci sono ancora delle sviste, tra cui quella legata ai capelli di Jonah che improvvisamente scompaiono. I modelli dei personaggi sembrano essere cambiati nuovamente e Jonah, finalmente, sembra essere ritornato quello di una volta.

Riguardo agli obiettivi, essi non sono sempre facili da ottenere, complici nel caso dei collezionabili, che dovrebbero essere i più facili da acquisire, i bug sopracitati. La cosa può anche essere altamente frustrante dato che molti dei giocatori, dopo ore e ore passate a raccogliere tutto, si trovano senza una reliquia in realtà già presa, non riuscendo a sbloccare l’obiettivo. Tra i più complessi, bug a parte, si trovano però i soliti legati alle uccisioni, soprattutto se a tempo. Gli altri, tutto sommato, sono abbastanza semplici in quanto legati alla storia, alla realizzazione di oggetti e ai collezionabili.

Shadow of the Tomb Raider, dunque, pur essendo migliorato rispetto a Rise of the Tomb Raider, continua a presentare numerose imperfezioni che spesso, come nel precedente capitolo, sembrano anche avere a che fare con la velata competizione con la saga di Uncharted.


CONTENUTO:3
PIACEVOLEZZA:2.5/3
GRAFICA:3.5
MECCANICHE DI GIOCO:3
DIFFICOLTÀ: Molto facile
SOUNDTRACK:3
DOPPIAGGIO:0 per quello italiano, 4 per quello inglese
ORIGINALITÀ DEL CONTENUTO: 2.5
DIFFICOLTÀ PLATINO: Facile (presenta bug) VOTO MEDIO:2.8

N.B. La difficoltà viene indicata con i parametri Molto facile, Facile, Media, Difficile, Molto difficile, Impossibile (bonus).
N.B. 2 La difficoltà del gioco si riferisce a quella incontrata a “Normale”.
N.B. 3 Il contenuto comprende anche, se presenti, le missioni secondarie.

-Jade

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