Recensione Il popolo dell’autunno di Ray Bradbury

«Un anno Halloween arrivò il 24 ottobre, tre ore dopo la mezzanotte […] E quella fu la settimana di ottobre in cui crebbero in una notte e non sarebbero mai più stati così giovani…»

Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno

Editore:vari
Anno di pubblicazione: 1962, 1967 Italia
Pagine:
239

Inizia così il popolo dell’autunno (Something wicked this way comes), un romanzo di formazione dalle tinte horror, definito da molti un cult da leggere soprattutto in questo periodo.

I protagonisti sono William “Will” Halloway e James “Jim” Nightshade, due ragazzi completamente opposti ma molto amici. Laddove il primo, nato un minuto prima della mezzanotte di Halloween, è riflessivo e ubbidiente, il secondo, nato invece un minuto dopo della mezzanotte di Halloween dello stesso anno, è ribelle, intraprendente e voglioso di crescere. Una notte la loro vita viene sconvolta dall’arrivo di un circo/luna park pieno di gente curiosa ed eccentrica come l’uomo illustrato, l’uomo elettrico, la donna più bella del mondo e così via. Tra promesse di crescita ed eterna giovinezza, i due ragazzi dovranno assieme sconfiggere le forze del male, affrontare le proprie paure e salvare la gente della propria città.

Ho iniziato a leggere il libro, come molti altri, non solo per la fama dell’autore, ma per l’ambientazione e le tematiche trattate. Già il titolo rimanda ad un’atmosfera tetra, quasi gotica, ed è questo quello che si crede debba essere il punto forte del libro. Il mood di quest’ultimo viene però schiacciato da uno stile che punta troppo a metafore astratte, pedante e fin troppo “aulico” per una storia che punta ad un pubblico di ragazzi. Ma non è solo il target il problema, quanto piuttosto la stessa esperienza di lettura, ostacolata da metafore continue, descrizioni incessanti e tediose e frasi, sempre descrittive, che fanno confondere il lettore, costringendolo a rileggere più volte sempre la stessa cosa.

Un libriccino così sembrerebbe semplice e banale, ma lo stile lo rende un vero e proprio macigno, uno di quei libri difficili da digerire e che non si ha voglia di continuare. È un vero peccato considerata la storia di fondo e la tematica di formazione che ci sta dietro. La crescita dei protagonisti, mentale e fisica, rappresenta come può presentarsi la pubertà per molti. Se da un lato ci sono le persone più pacate e mature come Will, dall’altro ci sono i ragazzi desiderosi di crescere come Jim, che farebbero di tutto pur di venire meno alle regole imposte dagli adulti e vivere in totale libertà.

Crescere, però, non significa solo maggiori libertà, ma anche molte responsabilità e molti sacrifici. L’adulto medio, distante e che vorrebbe ritornare alla sua giovinezza, è rappresentato perfettamente dal padre di Will, Charles, il quale intraprende pure un percorso di crescita personale che lo porta ad accettare la sua condizione di adulto.

Il popolo dell’autunno è per certi aspetti migliore come romanzo di formazione che come storia per ragazzi dalle tinte horror e fantasy, ma lo stile tedioso e pesante ne rende difficile la lettura per chiunque, che sia grande o piccolo.

CONTENUTO:2.5/3
PIACEVOLEZZA:2
SCORREVOLEZZA:2
STILE:1
ORIGINALITA’:3
VOTO MEDIO:2
-Jade

Lascia un commento